Cammino in mezzo alla neve, in mezzo ai boschi, con il freddo che mi entra dappertutto. Abbasso lo sguardo e la mia visuale, già limitata da un goffo ma funzionale cappuccio, abbraccia soltanto sassi di ghiaccio e due piedi che si superano a vicenda, sperando di vincere una gara che poi finisce sempre, malgrado la delusione di entrambi, in perfetta parità. Quei piedi sono i miei, e tutto sta diventando abbastanza monotono. Quando l’ennesimo schizzo di acqua gelida mi infanga i jeans, decido che è necessaria una pausa. Inizia lo straniamento e la malinconia si impossessa di me, il burlone scalcia e la scaccia ma poi soccombe; quando tutti lo credevano morto si rialza e mi fa da scudo, poi si gira e mi spara.
A questo punto non ride. Non piange, e non è nemmeno impassibile. Il sangue che sgorga copioso dalla mia bocca sporca la neve.
-Che cosa vuole dire la tua faccia?
-No davvero, forse non avrei dovuto.
-Non lasciarmi senza che io lo sappia.
-Curiosità. Non avevo mai visto un uomo che muore.
-Aspetta un attimo. Non può essere neanche così: saresti crudele.
-Infatti è un’altra bugia. Non ho mai ucciso nessuno, quindi smettila di sputare sangue perché non ti ho mai sparato.
-Mi sento già meglio. Ma allora che espressione avevi?
-Te lo confesso: lo specchio non riflette la mia immagine. Non lo so.
-E io non lo ricordo. Agli altri succede sempre, ma a me non era mai capitato.
Ma allora, nello specchio, che cosa vedi?
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