Sguardi avidi sbattono le palpebre un’ultima volta assaporando la soddisfazione di svelare il mio segreto. Dopo qualche secondo esse si richiudono incredule e un po’ smarrite, per aprirsi ancora una volta.
Approfitto dello sbigottimento generale per fare dondolare la sedia che mi tiene prigioniero in avanti, cadendo sulla polvere e sbattendo violentemente il setto nasale. Il sangue zampilla fiero formando copiosi rivoli, mentre sfrego la corda che mi tiene prigionieri gli arti superiori contro la lama affilatissima dello spadino raggiunto grazie al precedente volo, poi spezzo i legami alle caviglie mi alzo in piedi e ravvio il mantello.
Tutti stanno a guardare in silenzio: il loro stupore è reverenza, incredulità e rispetto per l’impossibilità di comprendere il mio mistero: non sono le catene o le minacce a poterlo svelare. Inizio un gravoso applauso. L’atmosfera è poesia, l’incantesimo lega di fili melanconici ma sereni i nostri pensieri, raschiando banalità dalle facce degli spettatori.
Mi inchino e mi allontano, paziente e anelante della loro comprensione complice.
Come faccio, se la porta è chiusa a chiave?
Semplicemente, scompaio.
“Tutt’intorno, colline”
2 commenti:
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