mercoledì 5 maggio 2010

Gelato alla crema

Il fatto è che la crema mi spiazza. E’ da un po’ che capisco quasi sempre al primo colpo, e quando non ci riesco basta un bluff per indovinare quello che mi sfugge.
Il fatto è che il comportamento della gente è solitamente lineare, perfino l’ambiguità è studiata, oppure è maschera, indossata per fascino o per protezione.
Il fatto è che forse è semplicemente un brutto periodo, e nessuno ha intenzione di essere un genio qui dentro.
Il fatto è che la cosa più difficile del mondo sarebbe dare una descrizione di quello che succede nella mia testa.
Il fatto è che forse proverò a raccontarmi, dall’inizio alla fine.

Nuova rinascita

Ci sono volte in cui si ha voglia di crollare.
Non ho voglia di raccontare nessuna storia stanotte.
Non ho voglia di scrivere per nessuno, non ho voglia di scrivere per essere letto, non ho voglia di lasciare un messaggio, non ho voglia di gloria, non ho voglia di ricevere complimenti, non ho voglia di essere al centro dell’attenzione stanotte.
Non ho voglia di cancellare, non ho voglia di rileggere, ho voglia di pubblicare anche se è proibito.
E’ tutto proibito, ci sono un sacco di regole.
E’ tutto così “apparentemente”.

Forse ho solo voglia di evadere. Di spegnermi per qualche ora, di non pensare. Di stare con quella gente con cui ti trovi bene, un affiatamento che ti fa capire senza parlare, senza startene ore a farti seghe mentali per studiare l’avversario.


Le cose perdono la loro autenticità.

E’ da tanto che non indosso i miei vestiti. Faccio fatica a ricordare come si fa. Passa del tempo, sto a guardare quella pellaccia sbiadita accantonata in un angolo.
C’è polvere ovunque, puzza di muffa. Rancido. Il burlone si risveglia.
E’ un attimo, mi salta addosso. Si aspetta che faccia resistenza, che lotti, che mi dimeni.
Non voglio essere un burlone. Lo lascio fare.

Di nuovo quella sensazione che ti fa urlare e e e e e e e perdere l’anima chiederti se ce l’hai mai avuta un’anima. Inghiottire il respiro aspirare il fumo grumoso di un sigaro.

Mi calmo. Inzio a guardarmi intorno, come se stesse cercando di realizzare chi sono. Chi è. Ha smesso di ansimare come un dannato. Inizia a guardarsi intorno, come se stessi cercando di realizzare chi è. Chi sono.

Io sono lui. No non posso essere lui.

La pellaccia sbiadita prende vita, in un angolo. C’è puzza di rancido ovunque. Si scrosta le palpebre, si lecca le labbra spaccate. Muove i capelli con un movimento circolare del collo.

Non ci sono sigari stasera, solo il sapore schifoso di un pacchetto di sigarette nazionali, di quelle senza filtro.

Il burlone sta crescendo.

giovedì 23 aprile 2009

Sofismi inutili

Non tutte le cose hanno un senso. O forse, molto più semplicemente:
il senso di alcune cose è quello di non avere senso.
Provocatore o indeciso? Indeciso.

venerdì 10 aprile 2009

Message in a bottle

Il problema è che non riesco a buttarmi e mi rifugio nel burlone. L'amore è sdolcinato quando diventa banale. Non sono innamorato.

sabato 3 gennaio 2009

Associazione Cataniaviva

Ecco il nuovo progetto a cui mi sto dedicando.

www.associazionecataniaviva.blogspot.com.

Qualunque scambio link potrà essere fatto con il blog dell'associazione cataniaviva. Vi Aspetto.

martedì 13 maggio 2008

Sacchi

Perchè senza volerlo certe volte si è se stessi. Perchè senza volerlo certe volte non siamo noi stessi. Oggi ho scoperto che era liquirizia. Ho ancora addosso il suo sapore amarostico. Un rotolo bello grande. Di liquirizia. Di questo passo penso che tra poco ricominceranno. I miei fulmini - quanto li amo - intermediari sospesi tra cielo e terra. I miei fulmini di terra, di sputo e di rabbia, di vergogna e di umiliazione, di orgoglio cancellato. Sono due settimane in cui non c'è tempo per pensare. Senza tempo. Senza dire niente.

giovedì 3 aprile 2008

Accovacciamento: tepori

Ancora una volta, senza che possa fare niente per impedirlo. Accade. E’ come se le due identità si siano fuse insieme; non più il prevalere dell’una sull’altra, non più travestimenti.
O burlone, alzati in piedi, schiudi il tuo accovacciamento!


Obbedisce – non l’avrei mai immaginato, il mio era soltanto un disperato quanto a mio avviso vano tentativo – si avvicina con il volto tra le mani. Singhiozza malignamente: sono consapevole che il mio odio si è esaurito. L’angolo nel quale giaceva è scomparso, confuso tra tutto il resto, contemplato con sguardo miope. Inghiottito da tutto, semplicemente scomparso. Tre cose: buio, salsedine, odore di piscio – il mio piscio – per la paura soffocante di poter diventare come lui.